Dresda: pianificazione urbanistica e compensazione biologica

Dal 25 al 27 Ottobre, un gruppo di lavoro del progetto “SOS4LIFE” si è recato a Dresda per incontrare i pianificatori della città (metropolitana) e conoscere le loro strategie di mitigazione e compensazione degli interventi di pianificazione.

Nel corso dell’incontro è stato illustrato l’approccio adottato dalla Germania oltre un decennio fa per la valutazione e la gestione dell’impatto ecologico delle attività di pianificazione: nel 2003, infatti, il legislatore ha assunto che le attività edilizie compromettono il bilancio ecologico del territorio, e ha deciso, conseguentemente, che tale perdita vada bilanciata con un’azione di compensazione di pari entità.

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In questo senso, se già la Repubblica Federale Tedesca ha disposizioni rigide, la Sassonia si è dotata di un modello anche più avanzato che punta ad una compensazione biologica: superata l’idea che fosse sufficiente piantare nuovi alberi, ha stabilito infatti che qualsiasi azione di nuova edificazione (e dunque di “sigillazione”) dovesse prevedere una compensazione attraverso un’azione di “de-sigillazione” di un’altra area.

La spinta in direzione di questo modello è stata offerta, come spesso accade, da un evento straordinario.

La città di Dresda, infatti, ha subito nel 2002 una forte inondazione ad opera del rapido innalzamento del fiume Elba, ma soprattutto dei corsi d’acqua minori. A causa della altissima velocità di scorrimento delle acque nel reticolo idrografico secondario, dovuta alla grande quantità di superfici impermeabilizzate, molte zone della città sono state invase dalle acque.

In conseguenza di questo evento e nella prospettiva di reagire ai cambiamenti climatici, è stato adottato dalla città un “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici” (REGKLAM) che ha come asse portante un riassetto del territorio a partire dall’adeguamento urbano, quando possibile, e dalla limitazione dell’impermeabilizzazione. L’adeguamento urbano, in particolare, passa attraverso azioni strutturali e programmatiche.

Dal punto di vista strutturale è stata fatta una regimazione capillare delle acqua superficiali, cercando di introdurre zone tampone che limitino la velocità di scorrimento delle acque.

Dal punto di vista programmatico, invece, è stato introdotto il concetto di “saldo di impermeabilizzazione zero immediato. Nei fatti, questo non si traduce tanto nel blocco di nuove costruzioni o di nuove azioni di impermeabilizzazione, ma piuttosto dell’obbligo – per chi intende costruire e impermeabilizzare – di procedere alla “de-sigillatura” di aree dismesse (ex zone industriali, allevamenti, ex caserme ecc.).

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La cosa interessante di questo processo è che non ammette deroghe e che, data la disponibilità di molte aree da ripristinare, non solo adempie al piano di adattamento, ma consente altresì di intervenire con iniziative di riqualificazione di molte aree degradate.

Quando il ripristino interessa siti contaminati, il “pubblico” (Land o Stato centrale) interviene supportando economicamente l’iniziativa. Negli altri casi, il costo della compensazione rimane a carico del solo soggetto privato divenendo parte dei costi di urbanizzazione.

A guidare le scelte di pianificazione e l’individuazione dell’area da de-sigillare sono la cartografia di base per la conoscenza del territorio (carta dei suoli, carta geomorfologica, delle aree protette, dei vincoli, ecc.) e una lista delle aree da bonificare “e” da de-sigillare. Queste aree sono scelte secondo le priorità date dal “Piano di adattamento ai cambiamenti climatici” e non coincidono necessariamente con quelle su cui costruire. Sulle dimensioni delle aree da ripristinare, infatti, oltre all’ampiezza degli interventi incide anche il valore del terreno da sigillare, e le nuove costruzioni in aree dove il valore degli immobili è molto alto richiedono un intervento compensatorio di maggiore entità rsieptto a quello richiesto per costruzioni in zone di minor pregio.

In Emilia Romagna il “saldo zero del consumo di suolo” non è un obiettivo raggiungibile nel breve periodo, ma la realizzazione di esperienze come quella illustrata a Dresda in alcune realtà comunali virtuose (uno degli obiettivi primari del progetto SOS4Life), costituisce un’occasione preziosa per toccare con mano la piena fattibilità di tali iniziative, e per dare corpo a pacchetti di norme e strumenti regolatori che ne facilitino la replicabilità.

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